Scegliere di non usare i social media per la fotografia di paesaggio

Ritratto miniatura bianco e nero di Ylenia

Scritto da Ylenia Cantello

Foto macro in bianco e nero di fiori di montagna (Helleborus niger)

Non usare i social media: una scelta di libertà e autenticità

 

Molti fotografi di paesaggio, soprattutto quelli con una maggiore vocazione artistica, sono diventati dipendenti dalle piattaforme di social media che oggi vengono considerate dai più il canale di comunicazione e promozione principale e quasi inevitabile.

Le piattaforme come Instagram, Facebook, TikTok e altre offrono la possibilità di essere visibili, condividere il proprio lavoro, connettersi con il pubblico e potenziali nuovi clienti. Instagram, in particolare, è la vetrina ideale per il fotografo di paesaggio, perché le immagini possono raggiungere milioni di persone in un attimo.

Tuttavia, dietro la superficie dorata di questi strumenti si nascondono rischi e pericoli che vanno ben oltre l'apparente vantaggio di visibilità immediata.

Per i fotografi la necessità di dover essere presente sui social non è affatto scontata, anzi potremmo considerarla una trappola che limita la libertà di espressione e l'autenticità dei rapporti umani: due valori fondamentali per chi desidera vivere e lavorare in modo etico e profondo con la fotografia.

La scelta di non cadere, quindi, nella trappola dei social media può sembrare controcorrente e rischiosa, considerando la pressione sociale e professionale a cui molti accettano di essere costantemente sottoposti. Ma per i fotografi è proprio questa decisione che può aprire le porte a un'esperienza più autentica e liberata dalle imposizioni di un sistema che mira a manipolare e sfruttare le persone.

La domanda centrale diventa: come può il fotografo di paesaggio scegliere consapevolmente di vivere senza social media, mantenendo relazioni vere e un lavoro di valore? La risposta si trova nella riflessione etica, nella libertà personale e nella qualità delle relazioni umane.

La mia esperienza è molto chiara: ho semplicemente voluto seguire il mio naturale modo di essere che mi ha sempre portata a non utilizzare i social media, di nessun tipo. Non ne sento alcun bisogno e non mi interessano. Non mi interessa entrare nelle logiche di profitto dei social nelle mani di aziende miliardarie senza scrupoli, nella mentalità del produrre e dell’avere sempre di più, della concorrenza e dell’apparire. Non ho bisogno di piacere ed essere accettata per sapere di avere un valore. Non mi interessa avere seguaci, far ruotare la mia vita intorno all’umore degli algoritmi, sentirmi usata e presa in giro.

Vivo serena e libera, dedico tempo e spazio a ciò che davvero mi appassiona e dà significato alla mia vita, a relazioni con persone che posso guardare negli occhi e ascoltare, senza forzature, senza secondi fini e senza rinunciare alla mia dignità e integrità.

 

I social media non sono piattaforme neutre

 

Quando il fotografo carica un’immagine su un social media, potrebbe pensare di stare semplicemente condividendo il suo lavoro con il mondo, ma in realtà le piattaforme social sono progettate per essere strumenti di raccolta dati: ogni post, ogni interazione, ogni click vengono monitorati, registrati e utilizzati per fini di profilazione, più o meno dichiarata.

Le aziende proprietarie dei social media, infatti, non sono interessate solo a offrire uno spazio di condivisione, ma il loro modello di business prevede di raccogliere i dati degli utenti per costruire profili dettagliati al fine di vendere pubblicità mirata e generare profitti. Cercano di mantenere gli utenti attivi per ottimizzare il tempo che passano sulla piattaforma e raccogliere più dati possibili.

Quando il fotografo utilizza i social media per promuovere il proprio lavoro, diventa parte di un sistema che sfrutta il contenuto che ha generato. Le grandi piattaforme, come Facebook e Instagram, non vedono l'utente come cliente, ma come prodotto, per cui guadagnano dalle interazioni degli utenti e dalla raccolta dei loro dati, mentre gli utenti stessi non ottengono alcuna compensazione per l'uso dei propri contenuti.

Quindi, caricare immagini sui social media può significare rinunciare al controllo sulla propria creatività e sul proprio lavoro, dato che ogni immagine pubblicata è potenzialmente a rischio di essere usata senza permesso, ripubblicata o addirittura sfruttata per scopi commerciali, senza alcun ritorno economico per l'autore.

 

L’illusione del controllo sulla privacy e la sicurezza

 

Le politiche di protezione dei dati e la sicurezza online sono temi fondamentali , ma molti fotografi non sono ancora davvero consapevoli di quanto siano vulnerabili le informazioni che condividono. I social media richiedono spesso molti dati personali per accedere ai loro servizi e la maggior parte degli utenti non legge nemmeno i termini e le condizioni prima di accettarli. In questo modo fotografie, video, e anche dati sensibili possono essere facilmente sfruttati da terzi ed esporre il fotografo a furti d’identità, violazioni della privacy oltre che, in alcuni casi, alla diffusione non autorizzata di contenuti. Anche se le impostazioni di privacy vengono regolate correttamente, le piattaforme possono comunque utilizzare i dati raccolti per scopi commerciali, aggirando la protezione impostata dall'utente. Tutto questo è immorale.

 

L'algoritmo e la manipolazione delle visibilità

 

Il principale motore di distribuzione dei contenuti sui social media è l'algoritmo. Le piattaforme social decidono cosa mostrare ai propri utenti in base a complesse dinamiche che tengono conto, ad esempio delle quantità e tipo di interazioni (engagement) o del numero di visualizzazioni.

Ogni "post", "like" e "commento" che il fotografo condivide sui social media è una parte della sua vita che viene mostrata agli altri, ma è anche un dato che alimenta un sistema di sorveglianza costante, che monitora e giudica il contenuto caricato e la vita stessa della persona che lo ha caricato.

Gli algoritmi analizzano le preferenze e le interazioni per indirizzare ogni contenuto in base a ciò che è considerato popolare, virale, o esteticamente conforme a determinati standard. Siamo di fronte a una vera sorveglianza dei comportamenti degli utenti che può avere gravi conseguenze solo per spingere le persone a fare clic sugli annunci pubblicitari.

Il fotografo di paesaggio che cerca di seguire le regole di questo sistema si trova spesso a sacrificare la propria libertà creativa per guadagnarsi un posto in un mondo digitale che premia la conformità. La pressione per produrre immagini che ottengano approvazione, per restare visibile, per mantenere il flusso costante di contenuti, rende difficile concentrarsi su ciò che veramente conta, cioè la propria visione artistica.

In questa logica, se il fotografo non riesce a "piacere" all'algoritmo, potrebbe scoprire che il proprio lavoro è rimasto invisibile anche a chi segue il suo profilo; inoltre, le piattaforme social spingono sempre più gli utenti a pagare per promuovere i propri contenuti, creando una dinamica in cui solo chi investe più denaro può ottenere una visibilità significativa.

Alla fine dei conti la visibilità sui social non è garantita e il successo dipende da fattori esterni e manipolati come gli algoritmi, così il fotografo potrebbe non vedere mai i frutti concreti del proprio lavoro, mentre le piattaforme continuano a guadagnare senza che ci sia una vera reciprocità.

E anche se il fotografo riceve visibilità grazie ai social, quella è a pagamento tramite pubblicità o è ottenuta mediante l'algoritmo, che privilegia la quantità rispetto alla qualità.

Di conseguenza è inevitabile ritrovarsi in uno stato di costante frustrazione e dipendenza dall'andamento delle metriche di engagement, che non riflettono necessariamente la qualità del lavoro. Non è, quindi, questione di talento o capacità ma di algoritmo e l'arte del fotografo di paesaggio potrebbe essere oscurata da logiche che non hanno nulla a che fare con la qualità reale del contenuto stesso.

 

Effetti negativi dovuti all’uso dei social network per il fotografo di paesaggio

 

1) Ansia da prestazione e confronto sociale

 

I danni psicologici ed emotivi dovuti all'uso dei social media sono noti: si va dal provare sentimenti di ansia, depressione e bassa autostima, al sentirsi inadeguati rispetto agli standard irrealistici che si vedono nei post degli altri, causando stress e frustrazione, invidia e pensieri pessimistici. Per il fotografo questi effetti possono compromettere seriamente la salute mentale e la creatività, ed è in particolare il confronto sociale una delle principali fonti di stress.

Nella fotografia di paesaggio questo meccanismo è ancora più evidente perché vengono fissati dei parametri estetici standardizzati a cui sottostare affinché le proprie foto vengano degnate di uno sguardo. I feed di Instagram sono un susseguirsi di immagini con composizioni perfette, colori saturi, tecniche sofisticate, spesso scattate in luoghi iconici. Questo impone una visione univoca di come deve essere scattata una foto, e il fotografo spesso cade nella trappola dell’imitazione fine a se stessa pur di piacere. Tenta allora di raggiungere quella “perfezione” considerata l’unica verità, ma così facendo perde di vista la propria ricerca, l’espressione della propria poetica e l’interpretazione personale.

Anziché trarre magari solo uno spunto dalle foto che scorre sui social ed esplorare nuove composizioni, atmosfere o tecniche da approfondire criticamente secondo i suoi gusti, le sue immagini ricopiano formule già viste, col risultato di assistere ad un abbassamento del livello creativo che va a minare l’essenza della fotografia di paesaggio.

In più il rischio è anche di cadere in una spirale di insicurezze che fa sentire continuamente inadeguati e incapaci, oltre che costantemente insoddisfatti di sé stessi.

 

2) Perdita di fiducia in se stessi e dipendenza

 

Per il fotografo, la visibilità sui social media può sembrare un segno di approvazione universale, un modo per misurare il proprio valore attraverso i "like", i commenti e la quantità di followers. La ricerca di questa approvazione esterna può minare la fiducia in se stesso e portare a periodi di frustrazione, influenzando negativamente non solo il benessere psicologico ma anche l’efficacia del lavoro, ancor più se il riconoscimento sui social viene a mancare facendo sentire il proprio operato vano e la stessa esistenza invisibile.

La sterilità dei social media si rivela già nel loro breve ciclo vitale che comprende: il post, i commenti, i "mi piace". E il ciclo ricomincia innescando una dipendenza. Questo meccanismo crea un circolo vizioso in cui il valore del proprio lavoro non è più giudicato dall’autenticità o dalla qualità artistica, ma dalla risposta immediata del pubblico. Il risultato è un’ansia da prestazione che si fa sentire in ogni scatto, ogni post, ogni nuova creazione.

La dipendenza dai "like" e dai commenti può trasformarsi in una forma di bisogno di validazione esterna che influenza la prossima scelta creativa, rendendo il fotografo sempre più succube dell'approvazione altrui e, quando quest'approvazione non arriva, si scatena un ciclo di negatività e auto-svalutazione che fa sentire soli e isolati.

 

3) La pressione soffoca l'arte

 

Il fotografo di paesaggio si trova a dover postare continuamente nuove foto per restare in gara, adattandosi di volta in volta ai gusti del pubblico ed è obbligato a rispondere ai commenti, anche i più inutili. La pressione costante a produrre contenuti che si allineino alle tendenze del momento, per non rimanere indietro, può ridurre drasticamente la creatività, perché il fotografo si trova a pensare più a come ottimizzare il suo lavoro per ottenere approvazione sui social che a come esprimere il proprio stile o sperimentare nuove idee.

Si genera così un paradosso: invece di nutrire la propria creatività dedicandole tempo, riflessione e sperimentazione, si costringe a lavorare sotto stress, alimentando il ciclo di insoddisfazione.

A peggiorare le cose ci si mette l'algoritmo dei social media: da un lato premia la costanza e la regolarità, spingendo il fotografo a postare di continuo, con il rischio di sacrificare la qualità per la quantità; dall’altro penalizza le immagini che non rientrano in parametri predefiniti. A questo punto molti fotografi di paesaggio si sentono obbligati a scattare immagini simili a quelle che hanno più “mi piace”, piuttosto che seguire la propria visione artistica.

Tutto ciò limita l’esplorazione di nuovi orizzonti, nuovi angolazioni e nuove prospettive, e incoraggia una specie di omologazione visiva che soffoca l'innovazione.

 

4) Frustrazione nascosta nella gratificazione immediata e flusso di immagini

 

Postare una foto e vedere subito il numero di "like" che ottiene può generare un senso di gratificazione immediata, ma questo contrasta con la fotografia di paesaggio, un’arte che richiede tempo, dedizione e pazienza. La fretta di ottenere visibilità e riconoscimento può annullare la serenità necessaria per entrare in sintonia con l’ambiente e sviluppare un’idea fotografica profonda.

Il flusso costante di nuove immagini sui social media può causare un sovraccarico visivo che affatica, rende passivi e riduce la fotografia di paesaggio a un'esperienza superficiale, togliendole la componente più intima che solo una visione meditata può dare.

 

I vantaggi dell’assenza dei social media per il fotografo di paesaggio

 

1) Ritrovare l'autenticità

 

La maggior parte dei fotografi tende a pensare che i social media siano essenziali per costruire relazioni e far crescere la propria attività. In realtà i social creano solo una falsa percezione di connessione, favoriscono interazioni superficiali, spingono a mostrarci sempre al meglio, portando a una distorsione della realtà e a una perdita di autenticità, in cui l'apparenza conta più della sostanza e il numero di follower è considerato una misura della propria importanza.

Questa superficialità è un ostacolo per un fotografo di paesaggio, che spesso si impegna in progetti che richiedono un profondo coinvolgimento emotivo, fisico, mentale e spirituale con la sostanza del proprio lavoro e con le persone che ne fruiscono. La fotografia è arte, e come tale nasce dalla contemplazione e dalla riflessione interiore, dall'intimità e dall'interazione profonda con ciò che vogliamo fotografare.

Non è solo un atto tecnico, ma un processo che richiede, appunto, partecipazione totale, cura e rispetto.

Scegliere di non usare i social media consente di evitare distrazioni, di concentrare l'energia sulla creazione di immagini che comunicano il proprio stato d’animo e la propria visione del mondo, di riscoprire la bellezza dei rapporti interpersonali reali senza il bisogno di "piacere" per forza a un pubblico generico.

Le interazioni che si possono avere al di fuori di queste piattaforme sono più costruttive e le conversazioni più gratificanti. Le persone che incontrano il fotografo faccia a faccia sono quelle che apprezzano davvero il suo lavoro e che, molto probabilmente, avranno un legame più profondo.

 

2) Profondità dei rapporti umani

 

Un altro aspetto che non può essere ignorato è il valore dei rapporti umani reali. Sui social media, le interazioni sono spesso brevi e fugaci. I commenti sono veloci, spesso superficiali o, peggio, dettati da malignità, ignoranza o invidia, e la maggior parte degli utenti interagisce con contenuti per pochi secondi prima di scorrere avanti.

Nelle relazioni faccia a faccia, il tempo che si dedica a un'altra persona è investito in modo più significativo, e l'intimità e la profondità dei legami che si creano dal vivo non sono replicabili in un ambiente virtuale.

Per il fotografo questo significa che ogni incontro personale, ogni conversazione sincera in cui il suo lavoro è discusso con cura, ha un valore che va ben oltre l'eco di un "like". Questi legami possono portare a collaborazioni più interessanti, a progetti significativi, a una rete che non è costruita sull'effimero, ma sulla sostanza.

 

3) La libertà di non essere giudicati dai "like"

 

Per molti fotografi l'approvazione degli altri sembra essere diventata una misura del loro valore e sui social media, i "mi piace", i commenti e le condivisioni sono strumenti che mettono continuamente sotto pressione, e per un fotografo di paesaggio questa continua ricerca di validazione può diventare una gabbia, in cui la qualità dell'opera cede il passo alla quantità di interazioni, come abbiamo già analizzato.

Non usare i social media permette di sottrarsi a questa spirale di confronto, liberando la propria arte dalle pressioni esterne e ciò ha effetti positivi non solo sul piano artistico, ma anche su quello umano e spirituale.

Il fotografo non deve più chiedersi se le sue foto otterranno approvazioni o consensi da parte di un pubblico generico, ma può concentrarsi esclusivamente sul processo creativo che fluisce in modo più naturale. Il valore di un'immagine non dovrebbe essere determinata solo dal numero di persone che la trovano in linea con la moda del momento, ma dalla sua capacità di comunicare profondi significati.

Questa libertà, senza il peso del confronto digitale, consente al fotografo di abbracciare la propria visione artistica senza paura di essere giudicato o criticato, e iniziare ad esplorare senza limiti il proprio linguaggio visivo, sviluppando un approccio completamente personale e originale.

Non deve più cadere vittima di recensioni superficiali o feedback che arrivano da persone che potrebbero non avere alcuna comprensione del contesto o della profondità del lavoro. La vera soddisfazione viene dal sapere che le proprie opere hanno un impatto significativo su chi lo osserva, che siano pochi o tanti e portano un messaggio autentico.

Questa libertà consente anche di accettare la non-perfezione senza l’imperativo di “piacere a tutti”.

 

4) Non essere dipendente dal monopolio dei social media

 

In questo panorama c’è comunque un dato positivo: pian piano sempre più fotografi stanno prendendo le distanze dai pochi grandi monopolisti digitali e stanno scegliendo di promuovere il loro lavoro in modo alternativo, poiché hanno intuito che rifiutare l'uso dei social media può diventare un atto di resistenza contro un sistema che tende a concentrarsi su pochi attori dominanti.

I social media hanno il potere di definire cosa è di tendenza e cosa non lo è, basandosi su logiche economiche e di marketing piuttosto che sul valore artistico. Il rischio per il fotografo di paesaggio è che il proprio lavoro venga ridotto a una merce da scambiare per visibilità invece di essere considerato per la propria unicità, o, al contrario, a non trovare il giusto riconoscimento perché troppo diverso da ciò che il mercato dei social si aspetta.

 

5) La solitudine creativa come porta aperta alle possibilità

 

La solitudine è una componente essenziale del lavoro artistico, una condizione che permette al fotografo di paesaggio di concentrarsi su sé stesso e sulla propria visione senza interferenze esterne. Lontano dai riflettori digitali il suo lavoro non è costantemente confrontato con il lavoro degli altri sui social, e il fotografo può scoprire il valore della propria ricerca interiore. La solitudine diventa un luogo di liberazione creativa, dove le idee possono crescere senza pressioni.

Il fotografo di paesaggio che decide di lavorare senza social media ha l'opportunità di riscoprire i valori più profondi della vita e arricchire la propria pratica artistica, oltre a proteggere la propria salute mentale e fisica, senza la pressione delle aspettative dei social e la necessità di postare ogni nuova foto.

La fotografia diventa un atto di liberazione, un’espressione pura della propria personalità, grazie alla quale scoprire nuovi modi di raccontare il mondo senza filtri imposti, piuttosto che un prodotto da pubblicare per ottenere approvazione dalla community digitale.

Lavorando a stretto contatto con i paesaggi naturali, il fotografo ha la possibilità di immergersi in esperienze che coinvolgono tutti i sensi e ogni immagine racconta l'interazione diretta e sincera con l'ambiente perché, senza le distrazioni digitali, ha finalmente il tempo di rallentare il ritmo, di concentrarsi sull’osservazione e sulla sua arte arrivando ad abitare pienamente l’esperienza del paesaggio.

In questo modo ogni momento diventa un'opportunità per fermarsi e sentire veramente il luogo, per trasformare ogni scatto in una meditazione visiva.

La fotografia diventa allora un atto di presenza totale e non un processo di produzione in serie, perché il fotografo può davvero "essere" nel paesaggio, e non solo "documentarlo" per gli altri. Tutto ciò crea legami profondi, sia con la natura che con il pubblico capace di comprendere lo spirito che sta dietro le immagini, e contribuisce ad arricchire il lavoro del fotografo e offrirgli un’esperienza di maggiore appagamento.

Pensiamo, infine, che spesso il fotografo di paesaggio si muove in ambienti remoti (come in alta quota, in foreste, isole o deserti), contesti dove la condivisione istantanea potrebbe non essere nemmeno possibile. Questo tipo di lavoro lento e lontano dalla società permette di sviluppare una maggiore empatia e apertura nei confronti della natura e delle persone che si incontrano lungo il cammino.

 

6) Vivere senza social è un atto di libertà personale

 

Il fotografo di paesaggio dovrebbe chiedersi: vale davvero la pena sacrificare la propria privacy, il controllo sul proprio lavoro, la propria libertà in cambio di un'illusoria visibilità sui social media?

Abbandonare i social media è una dichiarazione di indipendenza, una rivendicazione della propria libertà, sia come persona che come artista e non semplicemente un atto di disconnessione. È la libertà di non essere giudicato ogni volta che crea qualcosa, la libertà di non essere sotto l'occhio costante di un algoritmo che classifica e valuta il valore di ogni immagine, di non conformarsi a modelli predefiniti di comportamento e apparire o di non dover rispondere a "trend" imposti da piattaforme che mirano solo a monetizzare le nostre emozioni.

Si tratta di fare ritorno a sé stessi, alla propria arte e alla bellezza che si può contemplare solo nel silenzio.

Si tratta di vivere una più in sintonia con i propri valori e alla fine, non c'è nulla di più gratificante che creare un lavoro che risuona sinceramente con se stessi e con coloro che apprezzano il valore profondo della fotografia, senza compromessi e senza essere distratti dal rumore di fondo dei social media.

 

7) Vivere senza social è un atto di resistenza alla superficialità della cultura digitale

 

Non usare i social media è anche un atto di resistenza culturale alla superficialità e alla velocità imposta dal mondo digitale. I social media sono progettati per mantenere l’utente continuamente coinvolto, facendo scorrere velocemente i contenuti senza una riflessione profonda su ciò che vede, dato che ogni immagine che appare è spesso consumata in pochi secondi, e poi dimenticata. Per il fotografo di paesaggio, questo è il contrario della filosofia che sta alla base della sua ricerca artistica dove ogni fotografia è una maturazione che contiene una vita intera.

Penso allora all’importanza del “salvare il valore del tempo”, del prendersi cura dei propri scatti, del silenzioso dialogo con se stessi, la natura e l’arte, e della consapevolezza che le immagini che mettiamo davanti agli occhi delle persone possono davvero essere veicolo di cambiamenti se assaporate con attenzione. Il fotografo di paesaggio restituisce valore alla sua arte e al suo messaggio, al suo tempo e alla sua introspezione, all’amore per la vita e ai rapporti umani disinteressati. Basta con il consumo rapido e il confronto continuo, basta con la dipendenza dai giudizi e la malattia dell’apparire, basta con la competizione, i compromessi e l’omologazione.

 

Lo ripeto ancora: non è obbligatorio essere presenti sui social media, e invito i fotografi di paesaggio a mettere in pratica la loro dichiarazione di indipendenza, autenticità e libertà rifiutando le logiche di consumo e di validazione superficiale concentrandosi sulla profondità del loro lavoro.

La vera bellezza della fotografia non si trova nei numeri o nei "like", ma nel condividere momenti significativi, in modo che il lavoro parli direttamente al cuore delle persone nella sua forma più pura.

 

Suggerimenti per il fotografo di paesaggio che vuole vivere senza i social media

 

1) Riconnettiti con la Natura

 

L’intimità con la natura è il cuore della fotografia di paesaggio ed è importante dedicare più tempo a ristabilire completamente questa tua unione col mondo naturale.

  • Puoi praticare la meditazione camminata mentre osservi intorno a te e poi fermarti, chiudere gli occhi e fare attenzione a cosa percepisci con ciascuno dei sensi. Sii semplicemente presente nel luogo in cui ti trovi senza il bisogno di fare foto per piacere agli altri. Osserva senza pensieri i cambiamenti di luce, le sfumature delle nuvole, respira la fluidità del vento e l’odore del terreno, riconosciti nello scorrere dell’acqua, nelle foglie, negli insetti e sentiti un’unica cosa con la vita. Quando avverti una strana pace interiore, puoi scattare la tua foto se vuoi.
  • Puoi dedicarti all’esplorazione creativa, ad esempio andando in luoghi meno noti dove scoprire quelle piccole meraviglie che si rivelano dietro l’angolo a chi cammina con cuore aperto e pronto a farsi cogliere di sorpresa da intime apparizioni. Cammina senza avere in mente una precisa meta fotografica o un’immagine già stabilita in modo da stimolare lo spirito di osservazione e prova a fotografare in modo diverso da come faresti di solito (sdraiati a terra, Sali su un albero, cambia obiettivo e inquadratura. Non ci sono modi giusti o sbagliati ma solo la tua creatività che si è messa in moto. Se preferisci siediti e resta per qualche tempo in meditazione, riempiti gli occhi del colore del cielo o degli alberi, prendi la macchina fotografica e tienila vicina al petto rendendola partecipe del tuo respiro finché non senti nascere nuove intuizioni e soluzioni, allora scatta. 

Lontano dai social network ci si può concentrare sui propri contenuti, sull’ascolto di dove ci sta portando il nostro mondo interiore, invece che sulla futilità del proprio profilo esterno per piacere a tutti ed essere accettati.

La fotografia è linguaggio e in quanto tale deve stimolare la riflessione e il dialogo con altre persone in modo più profondo rispetto a un fugace e distratto “mi piace”.

 

2) Focalizzati sul processo, non sul risultato

 

Ogni foto dovrebbe essere un'esplorazione, non una ricerca di approvazione (all’interno e all’esterno dei social). Prova a valorizzare la qualità dell’esperienza che stai vivendo mentre sei nella natura con la macchina fotografica. Tieni un diario visivo o scrivi le tue impressioni dopo ogni uscita per stimolare la tua consapevolezza creativa.

Io consiglio spesso di non guardare subito il risultato sullo schermo della fotocamera (un po’ come si è costretti a fare quando si usa la pellicola) ma di lasciare che le tue sensazioni si sedimentino sul fondo prima di visionare le foto.

 

3) Ritrova la tua passione per la fotografia

 

Bisogna ritornare all’origine della tua passione e alla spontaneità del fotografare. Non avere paura di rompere le regole, di uscire dalla tua zona di comfort e dalle convenzioni, anzi il bello della fotografia è la libertà di guardare con occhi nuovi il mondo. Gioca con le lunghe esposizioni, il mosso, tempi e diaframmi inusuali, le composizioni ardite, la fotografia notturna, l’uso di filtri, i colori e le forme… e perditi nelle infinite possibilità creative che la tua curiosità ti suggerisce. Questo ti aiuta a ricaricare le energie e a trovare un’ispirazione genuina.

 

4) Riduci il numero di foto e aumenta la qualità

 

Un esercizio che puoi fare subito è iniziare a concentrati su un numero limitato di scatti invece di centinaia in una sola uscita (come si fa quando si ha un rullino di pellicola). Questo ti aiuta a sviluppare una sensibilità più raffinata e consapevole durante le escursioni, e, successivamente, una capacità di selezione del tuo lavoro che davvero esprime la tua visione. Si tratta di un processo più meditato e ogni immagine acquista un significato più profondo.

 

5) Studia e dialoga

 

Amplia le tue conoscenze attraverso libri fotografici e naturalistici, mostre d'arte, cataloghi on line dei musei, ecc. che possono aiutarti ad approfondire o scoprire argomenti stimolanti per la tua creatività. Frequenta luoghi in cui puoi incontrare e dialogare con artisti indipendenti, partecipa agli eventi che riguardano la fotografia o proponi tu stesso un evento che coinvolga persone che, per professione o per hobby, hanno la tua stessa sensibilità su temi che ti stanno a cuore. Lascia perdere i confronti inutili con persone troppo prese dal loro ego e prova ad avere scambi creativi con chi condivide il tuo approccio artistico ed è aperto a percorrere nuove strade.

 

Alternative per condividere il lavoro di fotografo senza i social media

 

Esistono diverse soluzioni alternative più affidabili e modi più diretti per il fotografo di paesaggio che vuole comunicare con il proprio pubblico e desidera mantenere il controllo sul proprio lavoro e sulla propria privacy, senza cedere alla logica del profitto delle grandi piattaforme di social media e rinunciare alla propria libertà e integrità.

 

1) Creare un sito web personale o un portfolio online

 

Uno dei modi migliori per raccogliere e mostrare il proprio lavoro consiste nel costruire un sito web professionale o un portfolio online, senza dover dipendere dalle piattaforme social e la necessità di conformarsi ai loro algoritmi. Il sito web diventa uno spazio personale che rispecchia il proprio stile e modo di essere, consente di gestire facilmente la privacy e può essere ottimizzato per i motori di ricerca.

Il fotografo ha il pieno controllo sulla presentazione delle proprie immagini, senza influenze esterne ed algoritmi che decidano quali immagini sono più visibili. Il sito web è un investimento e una risorsa a lungo termine in quanto non dipende da piattaforme che potrebbero rapidamente cambiare o scomparire; infatti, se domani queste piattaforme chiudessero o decidessero di bloccare il fotografo o cambiassero l’algoritmo, tutto il proprio lavoro e, soprattutto, i contatti instaurati con altri utenti o clienti andrebbero persi.

Ancora oggi vedo molti fotografi affidare la loro attività solo ai social media creando profili gratuiti su Facebook o Instagram, senza considerare la possibilità di avere un loro sito web. Certo, si tratta di spendere di denaro ogni anno e un po’ di tempo per mantenerlo aggiornato, ma ne vale sicuramente la pena.

Inoltre, il sito web personale non è discriminatorio: a meno che non sia il fotografo stesso a decidere di proteggere alcuni contenuti limitando l’accesso solo agli utenti autorizzati tramite password, il sito di norma può essere interamente visualizzato da qualsiasi browser l’utente scelga di usare sul proprio dispositivo, a differenza delle piattaforme social dove all’utente è richiesta necessariamente la registrazione per accedere ai contenuti del fotografo.

 

2) Creare una newsletter o mailing list

 

Invece di inseguire followers sui social, un fotografo può costruire una lista di contatti e inviare loro aggiornamenti regolari attraverso una newsletter, di cui decide la frequenza e il contenuto. Questo strumento di comunicazione consente di creare una relazione diretta e personale restando in contatto con i propri clienti e coloro che sono interessati al lavoro del fotografo.

Invece di competere per attenzione in un feed affollato, il fotografo può inviare aggiornamenti, nuovi lavori o riflessioni personali, spiegare la propria visione e il proprio lavoro, dare consigli e proporre argomenti utili, direttamente nelle caselle di posta elettronica di chi è veramente interessato. Infatti, la newsletter arriva solo a chi ha scelto di iscriversi liberamente e non è influenzata dai filtri e dalle modifiche agli algoritmi delle piattaforme social. Inoltre, il fotografo può pensare di riservare agli iscritti alla newsletter dei contenuti esclusivi, come approfondimenti, una galleria fotografica privata, tutorial e altri strumenti di condivisione del proprio sapere, o sconti.

 

3) Partecipare a workshop o conferenze

 

Un’altra opzione per un fotografo di paesaggio che vuole evitare i social media è offrire workshop o partecipare a conferenze nel proprio settore. Insegnare agli altri e condividere la propria esperienza aiuta a costruire una reputazione solida e consente di mantenere un contatto autentico con la comunità fotografica.

In questo modo il fotografo può diventare un punto di riferimento per altri artisti condividendo la propria esperienza durante workshop e conferenze, che diventano sono occasioni ideali per stringere relazioni professionali reali non mediate dalla digitalizzazione, e creare una rete di contatti.

 

4) Collaborazioni dirette e networking nel settore della fotografia e dell'arte

 

Lontano dai social, il networking può essere fatto in modo più profondo e personale. Partecipare a eventi di networking come fiere, mostre d'arte, eventi fotografici, festival, gruppi di artisti locali e professionisti del mondo della fotografia (e non solo) consente di incontrare altre persone del settore e interessate alla fotografia artistica, da cui trarre ispirazione, opportunità di collaborazione e crescita professionali. Le collaborazioni con altri professionisti possono offrire visibilità e opportunità di scambi più profondi e di progetti collaborativi di lunga durata in contesti che non dipendono dalla pubblicità a pagamento o dall'engagement virtuale. Anche partecipare a gruppi fotografici, forum di discussione o a comunità di artisti durante eventi in presenza aiuta a mantenere una connessione viva e produttiva.

 

5) Esporre in gallerie fisiche e mostre

 

Per il fotografo di paesaggio, l’interazione dal vivo con il pubblico può essere una bella opportunità per condividere il proprio lavoro in un contesto reale. Le gallerie d’arte e le mostre fisiche offrono uno spazio dove l’arte non è solo vista, ma vissuta, e dove il fotografo può raccontare la propria storia direttamente al pubblico. Questo aiuta anche a rinforzare la percezione del fotografo come artista serio, credibile e riconosciuto.

Le fotografie stampate e incorniciate offrono una sensazione completamente diversa rispetto a una visualizzazione digitale (spesso falsata dalla mancanza di calibrazione e dalla diversa risoluzione del monitor) e durante l’esposizione c’è la possibilità di interagire faccia a faccia con le persone creando una connessione umana e legami più forti e genuini.

Il fotografo di paesaggio può partecipare a collettive artistiche o organizzare proprie mostre in luoghi alternativi come spazi pubblici o eventi legati alla natura, che attraggono un pubblico appassionato, consapevole e più predisposto ad accogliere i temi presentati nelle immagini.

 

6) Collaborare con riviste o pubblicazioni specializzate

 

Le riviste di fotografia, le pubblicazioni di viaggi o le riviste artistiche possono offrire uno spazio per il lavoro del fotografo senza usare i social media. La pubblicazione del proprio lavoro in questi contesti permette di raggiungere un pubblico selezionato, interessato e altamente qualificato, senza il bisogno di passare per la condivisione digitale. Le riviste hanno infatti lettori che sono già appassionati di fotografia e di arte.

Pubblicare su una rivista o su un blog di settore fornisce un’ottima visibilità, ma in modo meno invasivo rispetto ai social media.

Anche collaborare con editori di riviste fotografiche o di paesaggio e proporre progetti di lungo termine può essere un ottimo modo per rimanere visibili.

 

7) Partecipare a letture portfolio

 

Le letture portfolio sono eventi dove i fotografi hanno l’opportunità di presentare il proprio lavoro a esperti, che può includere galleristi, curatori, critici d'arte, e altri fotografi professionisti. Questo tipo di evento, organizzato in festival fotografici o manifestazioni artistiche locali, offre un'occasione importante per ricevere feedback diretto e costruttivo, per migliorare il proprio lavoro e per fare networking con persone che possono influire positivamente sul proprio lavoro.

Infatti, a differenza dei social media dove i commenti sono spesso brevi e superficiali, nelle letture portfolio si riceve una valutazione dettagliata e mirata sui progetti presentati, ed essere selezionati o anche solo notati in un evento di lettura portfolio può dare al fotografo una grande visibilità nel mondo professionale.

Avere un confronto con esperti e colleghi può stimolare nuove idee, aiutando il fotografo a crescere e affinare il proprio stile, e può essere un ottimo modo per avvicinarsi a una comunità di artisti.

Durante una lettura portfolio, non si è solo una foto tra milioni, ma un artista che presenta una visione unica. Questo tipo di valutazione e feedback incoraggia una crescita vera e più significativa rispetto al semplice "mi piace" o commento di un follower.

 

8) Partecipare a concorsi fotografici

 

Partecipare ai concorsi consente al fotografo di mettere alla prova il proprio talento in contesti formali e riconosciuti, spesso con premi che vanno da visibilità in gallerie a soldi o opportunità di pubblicazione.

Ogni concorso ha un tema specifico che rappresenta uno stimolo alla creatività dei partecipanti e alcuni concorsi di fotografia prestigiosi (come il Sony World Photography Award o il National Geographic Travel Photographer of the Year) offrono un riconoscimento internazionale e una visibilità che supera quella dei social media.

Vincere un concorso o essere selezionati in una rassegna può aprire le porte a esposizioni, collaborazioni e opportunità professionali, e molti concorsi offrono feedback pubblico che consente al fotografo di misurarsi con un ampio pubblico.

 

 

Allontanarsi dai social media può sembrare una sfida in un mondo sempre più connesso, ma è anche l'unico modo per liberare la creatività, trovare la propria voce e riscoprire sia la passione per la fotografia che la magia del paesaggio.

Investire del tempo in una connessione profonda con la natura, concentrarsi sul processo piuttosto che sui risultati immediati e fare spazio alla sperimentazione permettono di proteggere la salute e di far crescere la propria arte in modo significativo.

 


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