Trilogia della fotografia di montagna e paesaggio. 3) La meditazione

Ritratto miniatura bianco e nero di Ylenia

Scritto da Ylenia Cantello

Foto in bianco e nero di paesaggio con montagne innevate in una giornata luminosa

La meditazione come pratica di osservazione

 

La fotografia di paesaggio è un'arte che invita a conoscere sia il mondo che ci circonda sia il nostro mondo interiore, e possiamo farla diventare un vero e proprio atto meditativo.

Le tradizioni sapienziali orientali come taoismo, buddhismo e filosofia indiana - con la loro ricca simbologi e i loro insegnamenti - si intrecciano perfettamente con la nostra esperienza spirituale e ci insegnano a osservare il mondo e a vivere con maggiore consapevolezza, offrondoci spunti preziosi per stimolare la creatività artistica. Infatti, noi fotografi siamo invitati a superare le barriere dell'ego, ad accettare una visioni pura e trascendente del mondo, a fermarci e a porre l'attenzione su ciò che la natura ci propone: i giochi di luce, le variazioni dei colori, le forme delle montagne, i fiori fra le rocce, il formarsi e il disgregarsi delle nuvole.

Questo processo di osservazione richiede pazienza e dedizione, qualità essenziali diffuse in tutte le tradizioni spirituali orientali.

 

Taoismo: l'armonia con la natura

 

Il taoismo (o, più correttamente, daoismo) è un'antica filosofia cinese che insegna l'importanza dell'armonia con la natura e il flusso della vita. Il "Tao" rappresenta l’ordine naturale, il principio che governa l’universo in modo invisibile ma immanente, e non è qualcosa da conquistare o da comprendere attraverso il pensiero logico, ma va semplicemente "ascoltato" e "seguìto".

Questo principio si avvicina moltissimo alla poesia visiva di noi fotografi di montagna che, nella solitudine e nel silenzio, ci facciamo canale per l’ascolto dell’essenza naturale del paesaggio.

Nel Tao Te Ching (importante testo taoista), Lao Tzu parla della via della non-azione, del Wu Wei (無為), come del modo più autentico per vivere in armonia con il Tao: "Non fare nulla e tutto sarà fatto." Questo concetto suggerisce come l'azione più efficace sia quella che segue naturalmente il corso delle cose, ed è un'idea particolarmente sentita da noi fotografi di paesaggio che impariamo a lavorare con gli elementi piuttosto che forzarli.

Come la natura deve essere accolta senza interferenza, così noi fotografi dobbiamo fermarci e lasciar fluire la nostra percezione senza forzare l'immagine; dobbiamo lasciarci guidare dal paesaggio osservando con attenzione la sua "forza invisibile". La solitudine diventa quindi un atto di umiltà, di ascolto attivo, che ci permette di entrare in sintonia con il Tao della montagna, e la fotografia, in questo senso, è un atto di "non-azione", di abbandono alla bellezza del presente, in cui la montagna è un soggetto da rispettare e contemplare.

Noi fotografi di paesaggio che agiamo in silenzio incarniamo proprio il principio del Wu Wei, scattando non come un atto egoico ma come un atto che emerge naturalmente, come il fiume che scorre senza sforzo ma che, per la sua stessa natura, modella la terra.

Quando adottiamo una mentalità taoista possiamo partecipare alla piena esperienza "gustativa" del mondo, perché ciò che facciamo è semplicemente essere presenti e lasciare che la scena si riveli. Molti paesaggi, lo sappiamo, possono apparire diversi a seconda delle condizioni atmosferiche e della luce e trasmettere sensazioni diverse comunicando pace, potenza, delicatezza, eccetera.

A noi il compito di essere bambini pieni di entusiasmo e stupore, e abbracciare questa fluidità per scoprire nuove dimensioni nelle nostre immagini che assorbono tutto che sentiamo e percepiamo.

 

Buddhismo: impermanenza e silenzio

 

Il buddhismo è profondamente legato alla ricerca del silenzio e della solitudine come vie per l'illuminazione. La meditazione, che è una delle pratiche fondamentali di questa tradizione, mira a creare uno spazio di vuoto interiore dove la mente può osservare senza giudizio i fenomeni che emergono. La relazione tra noi fotografi di paesaggio e il silenzio della montagna è simile alla relazione tra il meditante e la propria mente: come il meditante calma i pensieri per arrivare a una visione chiara della realtà, così noi fotografi ci distacchiamo dai rumori permettendo alla sua visione di essere nitida, pura e profonda. 

Il buddismo enfatizza il concetto di impermanenza (Anicca) ricordandoci che tutto è in continuo cambiamento. Conosciamo bene questo principio che può servire da potente ispirazione nella fotografia di montagna e paesaggio proprio per le caratteristiche mutevoli di ogni elemento naturale. Comprendere l'impermanenza ci aiuta a valorizzare ogni opportunità di scattare una foto e poi a lasciare andare, sapendo che quel particolare momento non si ripeterà mai più.

Nel silenzio ci distacchiamo dall'egoica volontà di possedere l’immagine e diventiamo uno strumento di percezione pura, proprio come un monaco che, quando osserva un fiore o una roccia in silenzio, non cerca di possedere il paesaggio, ma lo lascia emergere con naturalezza, sapendo che ogni elemento ha qualcosa da insegnare, e si astiene da pensieri inutili per raggiungere la quiete mentale.

La fotografia in senso buddhista è un atto di risveglio, in cui ci fondiamo con il paesaggio in un’unica esperienza di coscienza.

Il buddismo incoraggia la pratica dell'attenzione concentrata sul presente e questa consapevolezza è fondamentale mentre stiamo fotografando perché ci fa sperimentare un'interazione viva e dinamica col paesaggio naturale, così la fotografia diventa un'esperienza trasformativa sia per noi che per chi guarda le nostre foto.

La meditazione, quindi, ci aiuta a sviluppare la capacità di osservare senza giudizio, permettendoci di apprezzare il momento presente e, quando ci avviciniamo al paesaggio con questo atteggiamento meditativo, stabiliamo una connessione profonda con tutto l'ambiente.

 

Filosofia indiana: la vita come arte e unità

 

La filosofia indiana, ricca mitologia e simbolismo, offre una prospettiva originale sulla connessione tra arte e vita, considerando l'arte come un'espressione dell'amore divino. Nella fotografia di paesaggio, questo si traduce in un approccio in cui non siamo solo osservatori ma co-creatori della bellezza naturale: la fotografia non è solo un incontro con la natura ma con il divino che permea ogni cosa e la visione poetica che cerchiamo di cogliere è, in fondo, una visione dell'Unità, della connessione tra tutto ciò che esiste.

Anche la solitudine è considerata una via per realizzare l'unità con l'Assoluto (Brahman) che è la realtà ultima dell’universo, e la montagna è il simbolo stesso di questo principio universale, che va al di là di ogni dualità e separazione.

Come nel buddhismo, anche la tradizione indiana invita a meditare sulla verità dell’impermanenza (Anitya) e sulla realtà ciclica della vita e della morte. Il silenzio e la solitudine permettono di comprendere in modo profondo che la montagna, come la vita stessa, è in continuo mutamento e quando ci immergiamo nella solitudine del paesaggio montano, entriamo in una dimensione che trascende il nostro io individuale e si apre a una comprensione più ampia della realtà. Non esiste separazione tra noi e la montagna, tra l’immagine e l’osservatore: la fotografia diventa un atto di "vedere" e di "essere", come il saggio yogi che, attraverso la meditazione, realizza la propria identità con il Brahman.

In questo contesto, la poesia visiva che mettiamo nelle nostre foto di paesaggio è la rappresentazione di un’esperienza del tutto e la montagna, come metafora dell'universo in cui ogni piccola particella, ogni forma, ogni luce, è parte di un disegno cosmico più grande. Il silenzio, la solitudine e la meditazione non sono "assenza di" ma un ritorno all'unità, un’esperienza che ci ricorda che, pur nella nostra individualità, siamo tutti parte di un flusso eterno.

La concezione della "Lila", che rappresenta il gioco divino, invita non prenderci troppo sul serio, e allora la pratica della fotografia può diventare un gioco creativo in cui è consentito esplorare, sbagliare e, soprattutto, divertirci. Questa libertà di espressione è essenziale per la crescita artistica e può portare a scoperte inaspettate, aprendo lo spirito a nuove possibilità e idee.

 

La sinergia tra fotografia di paesaggio e meditazione

 

La combinazione di fotografia di paesaggio e meditazione, ispirata dalle tradizioni sapienziali orientali, ci offre un'opportunità di stimolare la nostra creatività e permette di esplorare la nostra interiorità proprio nel momento in cui poniamo l'attenzione sulla vita che ci circonda. In questo modo l'atto stesso di fotografare diventa un processo di auto-scoperta e le nostre foto parlano sileziosamente del paesaggio e del nostro spirito come una cosa sola.

Ci troviamo allora a vivere un bellissimo viaggio di meditazione e consapevolezza che arricchisce la nostra esperienza esistenziale e mette in luce l'importanza di rispettare e onorare la totalità della natura.

Attraverso l'osservazione, l'accettazione dell'impermanenza e l'approccio ludico alla creazione, possiamo realizzare opere d'arte che risuonano profondamente, portando alle persone la stessa luce e ispirandole a vedere il mondo con occhi nuovi e aperti: è una danza tra noi e il tutto, un dialogo silenzioso che celebra la vita in ogni sua forma.

Come il taoista, lasciamo che la natura segua il suo corso senza interferire, come il buddhista, esploriamo la visione del mondo con una mente calma e attenta, come l'induista, cerchiamo l’unità e la trascendenza nel contatto con il divino che permea ogni elemento del paesaggio.

Il silenzio, la solitudine e la meditazione non sono mai separati dall’esperienza artistica, ma diventano strumenti per accedere a una visione autentica del mondo, in questo modo la fotografia di paesaggio è una poesia visiva che entra nella dimensione profonda e universale della natura, dove ogni immagine è l’armonia che esiste tra noi e il mondo intero.


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