
Scritto da Ylenia Cantello

Nel corso degli anni di attività escursionistica ho acquistato abbigliamento e attrezzatura necessari per i miei trekking e Cammini, senza rendermi conto che in realtà stavo solo accumulando plastica. Un armadio di plastica.
E questa plastica aveva un costo per la salute degli ecosistemi e per la salute umana, durante tutto il suo ciclo di vita.
Quando ho preso coscienza di ciò, ho approfondito l’argomento leggendo libri e articoli che spiegano il fiorente mercato della plastica, e ho concluso che avevo sbagliato molte delle mie scelte contribuendo a inquinare il mondo e a rovinare la salute mia e quella di molte altre persone.
Da allora ho deciso di fare scelte più attente e responsabili, cercando di eliminare il più possibile la plastica da ogni aspetto della mia vita.
Ho, quindi, dicendo “basta” all’acquisto di ulteriore abbigliamento sintetico e ho optato per tessuti che fossero composti al 100% di fibra naturale biodegradabile e riciclabile, possibilmente con una filiera di produzione corta, e materiali in acciaio inox per la conservazione di bevande e alimenti.
Ma non è facile liberarsi dalla plastica perché ormai, declinata nelle sue molteplici varianti, è ovunque e spesso non si trovano alternative sul mercato, o bisogna acquistarle online vanificando l’impegno per ridurre l’inquinamento da trasporto. Non è facile trovare aziende piccole e grandi che producono (e negozi che distribuiscono) tessuti in lana o canapa, realizzati in modo sostenibile e responsabile, che mettano in chiaro il loro reale impegno per non inquinare e non sfruttare le persone che lavorano per loro.
Io continuo a cercare e vorrei che tanti altri escursionisti si svegliassero, magari proprio leggendo questo articolo.
Le microplatiche e la loro diffusione
Le microplastiche sono piccole particelle di plastica di dimensioni inferiori ai 5 mm che stanno diventando una delle principali minacce ambientali e per la salute degli esseri viventi. Possono derivare dalla disintegrazione di oggetti più grandi, come bottiglie e sacchetti, oppure essere presenti fin dalla produzione di alcuni materiali come i tessuti sintetici utilizzati nell’abbigliamento tecnico sportivo.
La loro diffusione nell'ambiente è aumentata drasticamente negli ultimi decenni, principalmente a causa dell'uso eccessivo di plastica nei prodotti di consumo, inclusi proprio l’abbigliamento tecnico e gli accessori sportivi. Infatti, il numero di persone che pratica attività di escursionismo, trekking e altre attività all'aperto è cresciuto in modo esponenziale, portando a un aumento della domanda di attrezzature tecniche e abbigliamento specializzato.
Le microplastiche si staccano da tessuti sintetici durante l’uso e il lavaggio e, una volta rilasciate nell'ambiente, possono persistere per centinaia di anni, contaminando terreni, acque e la fauna che lì vive fino ad arrivare nell’organismo umano infiltrandosi nelle reti alimentari. Ogni anno, milioni di tonnellate di plastica entrano negli oceani, fiumi e laghi, ma le microplastiche sono particolarmente insidiose per la loro dimensione ridotta e la loro capacità di diffondersi in modo capillare.
Il loro impatto è devastante e gli escursionisti dovrebbero sapere che affermare di amare la natura comporta una responsabilità ed essere consapevoli dell’enorme impatto che ogni loro scelta al momento dell’acquisto ha su tutto il pianeta. Riempire la nostra casa di prodotti sintetici derivati dal petrolio, o acquistare beni che hanno viaggiato migliaia di chilometri, significa contribuire a un sistema che sfrutta le risorse del pianeta e le vite umane al costo di un inquinamento crescente.
Microplastiche nell'abbigliamento tecnico sportivo: danni agli ecosistemi e alla salute
Nel settore dell’abbigliamento tecnico, i prodotti vengono progettati per essere performanti e il poliestere è uno dei materiali più utilizzati, in quanto questa fibra sintetica offre leggerezza, traspirabilità, resistenza e capacità di asciugatura rapida, caratteristiche ideali per le attività all'aperto come l’escursionismo. Lo stesso discorso vale anche per la microfibra, che viene spesso utilizzata per realizzare asciugamani e accessori tecnici, per la poliammide, il nylon e l’acrilico.
Tuttavia, ogni volta che usiamo le magliette tecniche, i pile (fleece) e i softshell, le calze, i pantaloni e le giacche impermeabili in poliestere, o gli asciugamani in microfibra, una piccola quantità di microplastiche si stacca, viene dispersa nell’ambiente e noi la respiriamo.
Ma soprattutto quando laviamo questi tessuti le microplastiche vengono rilasciate nell’acqua ed entrano nel sistema idrico, contribuendo all'inquinamento delle acque e minacciando la salute degli organismi lungo tutta la rete alimentare.
Inoltre, le microplastiche hanno la capacità di assorbire sostanze chimiche tossiche presenti nell'ambiente, come pesticidi e metalli pesanti, e possono quindi entrare nella rete alimentare.
- Contaminazione degli ecosistemi acquatici
Queste particelle non sono biodegradabili e sono così piccole che non vengono trattenute dai sistemi di filtraggio delle acque reflue, ma finiscono per essere trasportate nei fiumi, nei laghi e negli oceani, causando danni agli ecosistemi acquatici. Qui possono essere ingerite da pesci, molluschi e altre forme di vita acquatica, accumularsi negli organismi causando danni fisici, riduzione dell’appetito, danni a livello nutrizionale per le difficoltà nella digestione, e arrivare, attraverso le reti trofiche, agli esseri umani.
Una ricerca della University of California, Santa Barbara (2016) ha rivelato che i lavaggi di indumenti sintetici possono rilasciare fino a 700.000 microfibre in un singolo ciclo di lavaggio, e
un importante studio condotto da Kershaw et al. (2017), pubblicato sulla rivista Science, ha mostrato che oltre 800 specie marine sono esposte alle microplastiche, con effetti devastanti per la
biodiversità. Anche da un rapporto del European Commission Joint Research Centre (2018) emerge che queste particelle possono accumularsi nei sedimenti dei fondali marini e essere mangiate da
organismi bentonici, che costituiscono una parte importante della rete alimentare marina.
- Diffusione nelle acque potabili
La presenza di microplastiche è stata riscontrata anche nell’acqua potabile. Questo è un chiaro indicatore di una contaminazione ormai diffusa che mette a rischio la sicurezza di tutti, come evidenzia lo studio condotto da Orb Media nel 2017 che ha trovato microplastiche nel 94% delle acque in bottiglia analizzate, provenienti da marchi internazionali.
- Danni al suolo e alla fauna terrestre
I pascoli e gli ecosistemi agricoli sono sempre più contaminati, e gli animali che si nutrono in queste aree possono ingerire microplastiche, provocando danni al loro apparato digestivo e al loro sistema immunitario. Un'analisi condotta dalla Università di Portsmouth (2019) ha rilevato che le microplastiche sono presenti anche nel cibo degli animali terrestri, aumentando i rischi di contaminazione della rete alimentare.
- Rischi per la salute umana
Le microplastiche rappresentano una minaccia per la salute umana attraverso il consumo di cibo contaminato (anche sale marino, birra e miele) e l’inalazione delle particelle. Studi pubblicati sulla rivista Environmental Science & Technology hanno mostrato che, mediamente, una persona potrebbe ingerire fino a 5 grammi di microplastiche ogni settimana.
Le particelle di plastica posso danneggiare il sistema immunitario e provocare infiammazioni, possono anche accumularsi negli organi interni, causando stress ossidativo e danni cellulari. Uno studio pubblicato sulla rivista Nature Nanotechnology (2019) ha dimostrato che le microplastiche ingerite o inalate possono attraversare le barriere biologiche del corpo umano, come la barriera intestinale e polmonare, e arrivare nei tessuti, aumentando il rischio di malattie croniche.
Altri studi in aggiornamento suggeriscono che le microplastiche possano agire come disruptori endocrini: in particolare quelle contenenti ftalati o bisfenolo A (BPA), possono interferire con il sistema ormonale umano, influenzando la fertilità e portando a malformazioni nei feti. Uno studio pubblicato su Science Advances (2020) ha trovato che le microplastiche possono influenzare il comportamento e lo sviluppo dei bambini esposti durante la gravidanza.
Iniziative per ridurre l’impatto delle microplastiche dai tessuti tecnici
Sebbene alcune aziende del settore outdoor stiano cominciando a ridurre l'uso di materiali sintetici e a promuovere invece materiali naturali come la lana, la canapa o il bambù (che spesso però sono mischiati alle fibre sintetiche), e sebbene ci siano iniziative che mirano al miglioramento dei processi di produzione per ridurre il rilascio di microplastiche dai tessuti, l'industria dell’abbigliamento sportivo continua a fare largo uso di poliestere e altri materiali a basso costo che inquinano e sono difficili da riciclare soprattutto se combinati fra loro.
Infatti, sia che si tratti di tessuti realizzati con diverse tipologie di fibre sintetiche, sia che si tratti di tessuti misti di fibre sintetiche e naturali, il riciclo di questi capi è spesso praticamente impossibile per mancanza di attrezzature adeguate o molto costoso, costringendo milioni di tonnellate di abbigliamento a finire nelle discariche, dove causano gravissimi problemi ambientali e sulla salute.
Inoltre, viene consigliato di usare di filtri speciali per lavatrici domestiche che catturano le particelle, di evitare lavaggi frequenti e lavare a basse temperature. Ma resta comunque il problema dello smaltimento del residuo che si trova nel filtro e il costo per sostituire periodicamente i filtri, oltre al fatto che gli indumenti possono anche essere lavati a mano.
Insomma, una volta che la plastica è stata prodotta si è creato un danno permanente e non si può più tornare indietro.
Microplastiche e riciclo: un problema complesso e l’illusione della sostenibilità
Il problema delle microplastiche va considerato nella sua complessità lungo tutta la catena di produzione, distribuzione, riciclo/distruzione. Direi anzi che si dovrebbe guardare a tutto il sistema capitalistico che spinge a uno stile di vita consumistico per ricavare sempre più profitto a discapito di tutto il resto.
I tessuti tecnici sono derivati dal petrolio, non sono biodegradabili e la loro produzione massiccia è estremamente energivora è responsabile di alte emissioni di CO2.
I prodotti vengono spesso lavorati in diverse parti del mondo e trasportati in altre zone distanti contribuendo all’inquinamento totale.
Fibre miste e riciclo
Il riciclo delle diverse fibre che compongono i tessuti tecnici è spesso impossibile o impraticabile, come dicevo sopra. Materiali come poliestere e il nylon non possono essere facilmente separati o riciclati una volta che i capi di abbigliamento giungono alla fine del loro ciclo di vita. Le magliette tecniche, ad esempio, sono spesso composte da fibre miste, che rendono impossibile il riciclo separato dei materiali (è il caso soprattutto dell’ elastan, chiamato con vari nomi, che conferisce elasticità ai tessuti).
L'industria tessile, infatti, non ha ancora trovato soluzioni efficienti per separare i vari tipi di fibre durante il riciclo. Questo significa che milioni di tonnellate di tessuti sintetici vengono portati principalmente nei Paesi dell’Asia e dell’Africa, dove finiscono nelle discariche spesso a cielo aperto alla periferia delle grandi città, bruciati o abbandonati, causando danni incalcolabili alla salute e aggravando ulteriormente la crisi ambientale.
Negli ultimi anni, l'industria dell'abbigliamento tecnico sportivo ha visto un crescente interesse verso materiali riciclati. L'idea che la plastica riciclata possa essere una soluzione ecologica ha guadagnato popolarità, spingendo molti marchi a sceglierla come alternativa al nylon e al poliestere tradizionali.
Tuttavia, un'analisi più attenta rivela che la plastica riciclata non rappresenta un'alternativa veramente sostenibile: da un lato perché non affronta alla radice i problemi legati alla presenza di plastica e all’accumulo di rifiuti, dall’altro perché il processo di raccolta, isolamento e trasformazione della plastica riciclata può comportare un aumento delle emissioni di carbonio, contraddicendo l'idea di sostenibilità.
E anche se la plastica riciclata potrebbe ridurre l'impatto iniziale della produzione di nuovi materiali, il loro utilizzo contribuisce comunque al problema delle microplastiche.
Fibre tessili e solventi inquinanti
Un altro aspetto spesso trascurato nella produzione di tessuti a base di plastica riciclata è l'impiego di solventi chimici inquinanti. Per produrre fibre tessili, è necessario un elaborato processo chimico che coinvolge vari solventi e sostanze chimiche, molte delle quali possono essere tossiche per l'ambiente e per la salute umana. Questi solventi vengono utilizzati per sciogliere il materiale plastico e trasformarlo in filati utilizzabili, ma il loro impiego può provocare gravi danni ambientali se non gestito correttamente. In alcuni casi, queste sostanze chimiche possono finire nel suolo, nelle falde acquifere e nell'atmosfera.
Non è comunque possibile riciclare all’infinito perché ad ogni passaggio la qualità dei tessuti diminuisce e si rende necessario inserire plastica nuova per rendere più resistente il prodotto finale.
Da bottiglie di plastica a tessuti, e poi?
Pochissimi tessuti sintetici sono realizzati dal riciclaggio di altri tessuti sintetici, ma piuttosto dalle bottiglie di plastica. Questo passaggio da bottiglia a tessuto non è reversibile, cioè un tessuto di plastica non può diventare nuovamente bottiglia.
Il fenomeno del riciclaggio delle bottiglie di plastica per realizzare tessuti o attrezzatura tecnica è diventato oggi la modalità con cui le aziende vogliono dimostrare, di fronte ai controlli normativi e ai possibili acquirenti, la loro attenzione e impegno per le questioni ambientali, nascondendo in realtà i costi ambientali, sociali e di salute che stanno dietro alla continua realizzazione di nuovi prodotti, comunque di plastica e non ulteriormente riciclabili, a ogni cambio di stagione.
Per non parlare del fatto che si è venuta a creare una concorrenza fra aziende di vari settori che vogliono accaparrarsi la plastica delle bottiglie da riciclare per poter realizzare i nuovi prodotti (bottiglie, tessuti o altro) all’apparenza più sostenibili e dichiarare così il loro impegno per l’ambiente, ma che in realtà non possono più essere ulteriormente riciclate (come invece avverrebbe se si trattasse sempre di bottiglie di plastica). Questo porta a un maggiore bisogno di produzione di plastica per soddisfare settori industriali diversi.
Un sistema tutto sbagliato
Pertanto, siamo di fronte a un sistema sbagliato fin dall’origine e che non può più essere silenziosamente accettato. Affrontare il problema della sostenibilità nell'abbigliamento tecnico sportivo richiede un cambio di paradigma, passando da soluzioni temporanee a opzioni che considerino l'intero ciclo di vita dei materiali.
Ridurre la produzione e il consumo di abbigliamento in plastica, promuovere l’uso di materiali naturali, e limitare gli acquisti non necessari sono quindi misure complementari per abbassare i livelli di ogni tipo di inquinamento compreso quello da microplastiche.
Inquinamento, sfruttamento dei lavoratori e fast fashion
Ogni persona, e chi pratica escursionismo in particolare, deve conoscere il costo invisibile altissimo che sta dietro l’abbigliamento e l’attrezzatura tecnica: inquinamento, sfruttamento della manodopera e condizioni di lavoro precarie sono solo alcune delle conseguenze di una catena produttiva che molte volte ignora l'etica.
A questo proposito consiglio la visione del docufilm “Le ali non sono in vendita", diretto da Paolo Campana, che esplora il tema dell'impatto ambientale e sociale causato dalla produzione continua nel settore della moda e del fast fashion, cioè quel modello di business che prevede di moltiplicare il numero annuale delle collezioni e proporre vestiti a prezzi bassi a discapito dei diritti dei lavoratori.
Attraverso storie di attivisti, esperti e consumatori consapevoli, il film mostra mostrando come l'eccessiva produzione di vestiti, realizzati per la maggior parte con materiali sintetici come il poliestere, contribuisca in modo significativo all'inquinamento globale da microplastiche. E solleva una domanda fondamentale: possiamo davvero continuare a ignorare le conseguenze delle nostre scelte di acquisto?
Il docufilm mette in evidenza la necessità di un cambiamento radicale nei nostri comportamenti di consumo, dove l’acquisto di abbigliamento e attrezzatura non è un atto di necessità personale ma una responsabilità verso il pianeta e le persone presenti e future.
Produzione continua, profitto e inconsapevolezza
Chi pratica sport e attività all'aria aperta come l'escursionismo sa che ogni anno, se non addirittura ogni stagione, vengono messe sul mercato nuove versioni di indumenti, scarpe e altra attrezzatura. Questo produrre in continuazione nuova merce fa apparire presto superata e vecchia quella dell'anno precedente, spesso però senza portare nessun profondo vantaggio per il cliente.
Spesso le aziende, invece di puntare sulla durevolezza dei loro prodotti, sulla riparazione e la fornitura di parti di ricambio, fanno a gara a lanciare sempre nuovi indumenti e attrezzatura, giustificando il tutto con l'innovazione, la ricerca, l'impegno a favore dell'ambiente e, in particolare, con l'impiego di plastica riciclata.
Tutto diventa obsoleto in breve tempo, e ci dimentichiamo che le promesse fatte oggi dalle aziende sono le stesse di alcuni mesi fa, quando il modello appena uscito sul mercato avrebbe risolto tutti i nostri problemi durante le escursioni.
Si perpetua così il ciclo dei falsi bisogni indotti, che si basa anche sulla pigrizia delle persone a porsi domande, informarsi sull'etica delle aziende, sulla storia che sta dietro a ciò che stanno acquistando e su che fine faranno i prodotti che butteranno.
La pubblicità dei benefici che deriveranno dal nuovo oggetto fa leva, ormai lo sappiamo, sulle emozioni primarie, sulla insicurezza psicologica del cliente, sul suo desiderio di apparire e appartenere a un certo gruppo sociale, sul suo identificarsi nelle cose che possiede, sul suo acquistare compulsivamente per sfuggire all'incontro con se stesso e annebbiare il senso la mancanza di ascolto interiore.
Tutto questo è assurdo e insostenibile.
Consapevolezza nell’acquistare abbigliamento e attrezzatura da trekking
È fondamentale considerare non solo le caratteristiche pratiche del capo di abbigliamento, ma anche il ciclo di vita dell'oggetto, che include la sua produzione, il trasporto, l’uso e lo smaltimento. Molte persone, infatti, si concentrano solo sul prezzo o sulla performance, ma un acquisto consapevole richiede un'analisi approfondita degli impatti ambientali e sociali legati alla creazione di quel prodotto.
Tutto ciò impone una riflessione profonda sul nostro ruolo di consumatori. Ogni scelta di acquisto ha un impatto sull'ambiente e sulla società e ogni prodotto ha una storia complessa dietro, fatta di risorse naturali, lavoro umano e conseguenze ecologiche: è essenziale informarsi bene prima di acquistare abbigliamento da trekking per fare scelte consapevoli.
Optare per prodotti locali, realizzati con materiali sostenibili e prodotte in condizioni etiche, e che possano durare nel tempo ed essere riparati quando si usurano è una scelta ecologica, ma anche un atto di responsabilità sociale. L'acquisto consapevole, la riparazione dei beni anziché la loro sostituzione con altri nuovi e la riduzione del consumo possono ridurre l'inquinamento e lo sfruttamento, promuovere modelli economici più giusti.
Alternative naturali per l’abbigliamento
Come escursionisti possiamo scegliere dei materiali naturali e biodegradabili che riducono l’impatto ambientale e offrono un’ottima performance durante le nostre uscite nella natura.
1) Lana
La lana, se trattata in modo etico e senza sostanze chimiche, è un prodotto biodegradabile e rinnovabile ed è una fibra naturale perfetta per l'abbigliamento tecnico, in particolare per il trekking in montagna. Offre, infatti, numerosi vantaggi che la fanno essere un’ottima alternativa naturale al pile, usato per la capacità di trattenere il calore:
- traspirabilità e isolamento termico. La lana è incredibilmente traspirante e, al contempo, mantiene la temperatura corporea. Grazie alla sua capacità di assorbire l'umidità, anche quando è bagnata, la lana aiuta a mantenere il corpo caldo e asciutto durante le escursioni in condizioni di freddo. In particolare la lana merino è nota per le sue proprietà termoregolatrici, mantenendo il corpo caldo in inverno e fresco in estate
- resistenza agli odori: la lana è naturalmente resistente agli odori, un aspetto fondamentale per chi trascorre molte ore a camminare e sudare.
- durabilità. La lana, in particolare la lana merino, è resistente e gli abiti possono durare molto più a lungo rispetto a quelli in materiali sintetici, riducendo il bisogno di sostituzioni frequenti e l’impatto ambientale complessivo.
- biodegradabilità. La lana merino è completamente biodegradabile.
Bisogna comunque valutare l’impatto ambientale della lana nel suo complesso.
Spesso la lana è mischiata con tessuti sintetici che le conferiscono maggiore resistenza all’usura ed elasticità. Questi materiali sono difficilmente separabili ed è molto difficile il riciclo dei singoli componenti, oltre al fatto che, comunque, vengono sempre rilasciate microplastiche.
La provenienza della lana e le pratiche di produzione sono cruciali per valutarne l'impatto ambientale. La sostenibilità della lana merino dipende molto dalle pratiche agricole utilizzate per produrre il materiale. Se la lana proviene da allevamenti intensivi, questi possono comportare significativi danni per l'ecosistema, come la desertificazione e la perdita di biodiversità nelle zone di pastorizia. Se poi questi allevamenti si trovano dall’altra parte del mondo, possiamo comprendere quanto abbia viaggiato e inquinato prima di diventare il maglione o il berretto che indossiamo.
Quindi, per valutare davvero la sostenibilità della lana merino e non credere ciecamente alla pubblicità delle aziende che spesso è solo un esempio di “greenwashing”, è necessario informarsi sulla provenienza, sul tipo di allevamento, sul trattamento e sul trasporto che il prodotto ha subito.
2) Cotone
Il cotone biologico è un’alternativa al cotone tradizionale, che invece è uno dei più grandi consumatori di pesticidi e acqua, oltre che responsabile della perdita di biodiversità a causa della monocoltura intensiva.
ll cotone biologico è coltivato senza l'uso di pesticidi chimici o fertilizzanti sintetici, rendendolo una scelta più sostenibile.
È un tessuto fresco, morbido, traspirante e biodegradabile, ma ha lo svantaggio di asciugare lentamente e per questo è utilizzato soprattutto in primavera ed estate.
3) Lino
La coltivazione del lino richiede meno quantità di acqua e pesticidi rispetto ad altre colture, come il cotone tradizionale, rendendo il lino una valida scelta ecologica.
Vantaggi:
- è biodegradabile e ideale per escursioni durante le stagioni calde
- è molto traspirante e assorbe l’umidità in modo efficiente, mantenendo la pelle fresca e asciutta durante l'attività fisica
- è molto leggero e resistente, ed è anche uno dei tessuti più duraturi se trattato correttamente
4) Canapa
La canapa cresce senza bisogno di pesticidi e necessita di pochissima acqua, offrendo vantaggi sia in termini di performance che di sostenibilità:
- durabilità. Si tratta di una delle fibre vegetali più forti e resistenti, perfetta per l'abbigliamento tecnico e gli accessori. È ideale per resistere all'usura durante lunghi cammini o escursioni impegnative.
- termoregolazione. La canapa offre una buona capacità di regolare la temperatura corporea, mantenendo il corpo fresco in estate e caldo in inverno, rendendola versatile per diverse condizioni atmosferiche.
- sostenibilità. La canapa è una pianta che cresce rapidamente e richiede pochissima acqua, è naturalmente resistente a parassiti e malattie, riducendo così la necessità di usare pesticidi.
5) Bambù
l bambù è un’altra fibra sostenibile e sta diventando un'opzione sempre più popolare per i tessuti tecnici e gli asciugamani grazie alle sue qualità:
- i tessuti in bambù sono incredibilmente morbidi al tatto, il che li rende comodi anche durante le lunghe escursioni.
- proprietà antibatteriche. Il bambù è naturalmente antibatterico e antimicrobico, il che lo rende ideale per l’abbigliamento e gli asciugamani, riducendo la proliferazione di batteri anche dopo un uso intensivo.
- assorbimento del sudore e traspirabilità. Come il lino, il bambù è un ottimo materiale che assorbe l’umidità e mantiene la pelle asciutta, migliorando il comfort durante l'attività fisica.
- sostenibilità. Il bambù cresce rapidamente senza l'uso di pesticidi, e può essere coltivato in terreni poveri. Inoltre, è completamente biodegradabile.
Ma attenzione: per la sua trasformazione chimica in fibra, detta “viscosa di bambù”, vengono utilizzati acidi tossici, a differenza di ciò che avviene con la lavorazione meccanica che non usa acidi, dalla quale si ottiene il così detto “lino di bambù”.
Bisogna infine controllare se il tessuto di bambù è mischiato con cotone.
Le piantagioni di canapa e bambù, come per ogni prodotto agricolo, presentano sfide ambientali. Le piantagioni intensive di bambù e canapa, se non gestite correttamente, possono danneggiare la biodiversità locale.
La monocultura di una sola pianta in ampie aree, senza rotazione delle colture, può ridurre la varietà di specie nel terreno, impoverendo l'ecosistema e riducendo la capacità del suolo di mantenere la sua salute.
Il trasporto di canapa e bambù dai paesi di coltivazione (spesso in Asia) agli impianti di lavorazione in altre regioni del mondo implica emissioni di CO2 e un forte impatto sul sistema di trasporto globale, che si inserisce nel contesto di un mondo globalizzato dove il costo e l'impatto ambientale del trasporto di materie prime sono spesso sottovalutati.
Processo di Produzione Sostenibile
Il processo di produzione è cruciale per la sostenibilità. Le aziende certificate, che seguono standard rigorosi, come quelli di Global Organic Textile Standard (GOTS) o Fair Trade, garantiscono che le pratiche di produzione siano etiche, che i lavoratori siano trattati equamente, e che i processi siano rispettosi dell’ambiente.
Molte aziende stanno adottando tecnologie a basse emissioni di carbonio, riducendo l'uso di acqua, migliorando la gestione dei rifiuti e promuovendo la riparazione dei prodotti.
Produzione locale e supporto alle aziende locali
Sostenere aziende locali è una delle azioni più efficaci per ridurre l'impronta di carbonio legata al trasporto internazionale dei beni. Le aziende che operano sul territorio nazionale hanno, in molti casi, una filiera più corta e un impatto ambientale minore rispetto alle grandi multinazionali.
Inoltre, scegliere produttori locali significa incentivare economie sostenibili, pratiche lavorative etiche e condizioni di lavoro più sicure e dignitose. In questo modo, le persone potrebbero essere impiegate in attività più gratificanti, preservando le tradizioni locali e rafforzando il legame con il territorio.
Micropastiche nell'attrezzatura da trekking
Le Borracce e Altri Accessori in Plastica
Anche le borracce, le posate e gli altri contenitori utilizzati durante le escursioni sono spesso realizzate in polietilene o altre plastiche dure che non sono immuni al deterioramento. L’usura, i graffi e l’esposizione a temperature elevate possono portare al rilascio di piccole particelle di plastica nelle bevande e negli alimenti, che poi finiscono nel nostro corpo, oltre ad aumentare l’inquinamento ambientale.
L'acciaio inox come alternativa alla plastica per bevande e alimenti
Vantaggi dell'acciaio inossidabile (indicato come 18/8 e 18/10):
- è resistente e durevole, non si danneggia facilmente e può sopportare sollecitazioni e cadute durante le escursioni.
- è privo di sostanze plastiche nocive come il BPA (che può tutt’oggi essere ancora presente nelle borracce di plastica) e questo garantisce che le bevande rimangano sicure e prive di contaminanti
- è facile da pulire, non trattiene odori o sapori così può essere usato ogni giorno
- è un materiale riciclabile, resiste alla corrosione e ha una lunga vita utile, riducendo la necessità di acquisti frequenti
Ovviamente, l’acciaio pesa sempre di più di una borraccia di plastica e ogni escursionista che vuole viaggiare leggero deve tenere presente questo inconveniente. Inoltre, non essendo trasparenti come la plastica, la borraccia di acciaio rende più difficile tenere sott’occhio il livello di liquido ancora contenuto.
Se non riusciamo a trovare questi accessori in acciaio possiamo acquistarli in alluminio, materiale sempre riciclabile, anche se spesso viene rivestito con altre materie come la ceramica.
Prodotti per l’igiene personale
Oltre all’abbigliamento e all’attrezzatura, le microplastiche sono anche presenti in alcuni prodotti per l’igiene personale, come shampoo liquido, gel doccia, saponi, dentifrici, creme per viso e corpo e scrub. Molti di questi prodotti contengono microgranuli di plastica, che vengono utilizzati come additivi per migliorarne la consistenza e l'efficacia e come esfolianti. Quando questi cosmetici vengono sciacquati, le microplastiche finiscono nei sistemi fognari e nei corpi idrici naturali.
Anche se molti Paesi stanno già vietando l’uso di microperle, le alternative come le microfibre sintetiche continuano a essere utilizzate, soprattutto in Paesi meno normati.
Conoscere questa problematica è importante sia nella nostra vita quotidiana sia quando siamo impegnati in trekking di più giorni e durante i Cammini.
Alternative ecologiche per i prodotti per l’igiene
Scegliere prodotti per l'igiene personale e cosmetici privi di microplastiche (si possono usare app per smartphone dedicate alla scansione degli ingredienti per individuare la presenza di microplastiche, vedi più avanti in questo articolo), optando per alternative meno inquinanti.
1) Preferire lo shampoo solido a quello liquido per una serie di vantaggi:
- assenza di plastica. Gli shampoo solidi non richiedono imballaggi in plastica, riducendo notevolmente il consumo di plastica monouso. Molti shampoo solidi sono confezionati in scatole di cartone riciclabile o in involucri biodegradabili.
- ingredienti naturali. Gli shampoo solidi tendono a contenere meno sostanze chimiche dannose e più ingredienti naturali. Molti prodotti sono formulati senza parabeni, solfati e microplastiche, che spesso si trovano negli shampoo liquidi.
- concentrazione e durata. Gli shampoo solidi sono molto concentrati, il che significa che durano molto di più rispetto agli shampoo liquidi, riducendo la necessità di acquisti frequenti e quindi il consumo di prodotti confezionati in plastica.
2) Scrub a base di ingredienti organici (ad esempio zucchero, sale, polvere di semi di frutta).
La normativa dell'Unione Europea sulla plastica monouso e le microplastiche
L'inquinamento causato da plastica e microplastiche è un tema di grande rilevanza considerando l'enorme quantità di plastica che finisce nei corsi d'acqua, negli oceani e, inevitabilmente, nella catena alimentare, e negli ultimi anni l'Unione Europea ha intensificato gli sforzi per cercare di ridurre questo problema globale.
La Direttiva Europea 2019/904
Una delle principali iniziative dell'Unione Europea per combattere l'inquinamento da plastica è la Direttiva 2019/904 che, sebbene sia più focalizzata sul ridurre l'uso di plastica usa e getta, include misure significative che riguardano anche le microplastiche nei prodotti cosmetici e per l’igiene. La direttiva prevede il divieto dell'uso di microplastiche solide nei cosmetici e prodotti per la cura della persona a partire dal 2022.
Nel novembre 2024, l'Unione Europea ha introdotto una nuova legge che riguarda l'uso delle microplastiche nei prodotti cosmetici e per l'igiene personale. Questa normativa fa parte di un più ampio sforzo per ridurre l'inquinamento ambientale causato dalle microplastiche.
La legge adottata a novembre 2024 proibisce l'uso di microplastiche nei prodotti cosmetici che vengono a contatto con la pelle o con l’acqua, come scrub, esfolianti, dentifrici, gel doccia, shampoo e altri prodotti per la cura del corpo.
L’obiettivo è incentivare l'uso di alternative naturali e biodegradabili, come zuccheri, sabbia, sale o semi di frutta, che possono svolgere la stessa funzione delle microplastiche senza danneggiare l'ambiente ed entrare nella rete alimentare, in quanto sono soluzioni alternative biodegradabili.
La normativa prevede sistemi di monitoraggio per garantire che le aziende rispettino le leggi, con ispezioni regolari e severe sanzioni per le violazioni. Gli enti regolatori degli Stati membri dovranno garantire che i produttori non facciano uso di microplastiche in maniera occulta, ad esempio usando termini alternativi per mascherare la presenza di queste sostanze.
Con l'introduzione di questa legge, l'Europa si posiziona come leader mondiale nella lotta contro l'inquinamento da microplastiche, incentivando un cambiamento positivo che potrebbe servire da modello per altre regioni del mondo.
Regolamenti per i Tessuti e le Fibre Sintetiche
Anche i settori del tessile e dell’abbigliamento sono sotto la lente d'ingrandimento delle normative europee. L'Unione Europea sta introducendo misure per limitare il rilascio di microfibre sintetiche durante il lavaggio dei tessuti. In particolare, si sta lavorando su regolamenti che obblighino i produttori di abbigliamento a ridurre l'uso di fibre sintetiche come il poliestere, il nylon e la microfibra, noti per rilasciare microplastiche nei corsi d’acqua durante il lavaggio. Queste fibre, come abbiamo visto, rappresentano una delle principali fonti di microplastiche rilasciate nell’ambiente.
La normativa italiana sul divieto delle microplastiche
In Italia, il Ministero della Salute e il Ministero dell'Ambiente hanno adottato leggi in linea con le direttive europee. Una delle normative chiave è il divieto per le aziende che producono articoli per l’igiene personale e cosmetici di usare microplastiche fra gli ingredienti, favorendo alternative naturali e biodegradabili.
App per smartphone per scansionare ingredienti e trovare microplastiche nei prodotti
Un altro passo importante nella lotta contro le microplastiche è rendere per persone più consapevoli riguardo agli ingredienti contenuti nei prodotti che acquistano. Fortunatamente, la tecnologia ci ci aiuta grazie a diverse app per smartphone che consentono di scansionare i prodotti e verificarne la composizione.
1) Yuka
Yuka è una delle app più popolari per scansionare i prodotti cosmetici e alimentari. Consente agli utenti di verificare rapidamente la presenza di ingredienti dannosi, come le microplastiche, e di scoprire se un prodotto è ecologico e salutare. Ogni prodotto è valutato con un punteggio che aiuta i consumatori a fare scelte informate e consapevoli.
2) Think Dirty
Think Dirty è un’altra app che consente di scansionare gli ingredienti dei prodotti di bellezza e igiene personale. Mostra informazioni dettagliate sugli ingredienti, evidenziando quelli che potrebbero essere dannosi per la salute o l’ambiente, come le microplastiche, i parabeni e i solfati.
3) Ecocredentials
Questa app fornisce informazioni sui prodotti ecologici e sostenibili, aiutando i consumatori a identificare quelli privi di sostanze chimiche nocive e microplastiche. È utile per chi cerca alternative naturali, sicure e sostenibili, come gli shampoo solidi o i prodotti cosmetici ecologici.
4) BTMB
Consente di scansionare la lista degli ingredienti per trovare traccia di sostanze contenenti microplastiche. Rapido e preciso, intuitivo anche se solo in inglese.
Cambiare approccio al nostro stile di vita e al ciclo di vita di ogni prodotto
È tempo di svegliarsi e dire basta a un sistema fondato esclusivamente sul profitto, che pone il denaro al di sopra della dignità e del rispetto per la vita. Come persone che amano la natura dobbiamo promuovere una cultura della sostenibilità per scegliere prodotti realizzati localmente, sostenere aziende che rispettano l’ambiente e i diritti dei lavoratori, e ridurre, se non proprio azzerare, il nostro consumo di materiali non biodegradabili.
Altrettanto importante è allungare il più possibile il ciclo di vita dei capi di abbigliamento e dei vari accessori utilizzati nelle attività escursionistiche, trattandoli con cura e riparandoli quando è necessario. Anche le scarpe possono essere riparate da un bravo calzolaio e spesso è possibile ricorrere alla risuolatura per evitare di buttare scarpe che possono ancora svolgere la loro funzione per molto tempo.
La sostenibilità non è più solo un'opzione, ma una necessità, una responsabilità morale. Ogni piccolo passo verso scelte consapevoli può fare la differenza, a cominciare dalla scelta di acquistare materiali che non rilasciano microplastiche. So che cambiare radicalmente abitudini e modo di pensare può essere complicato in una società che vive immersa nella plastica, perché bisogna cambiare tutto il nostro approccio alla produzione e al consumo di beni.
Attraverso scelte informate e sostenibili, possiamo agire in modo consapevole e concreto per un sistema più giusto ed equilibrato, dove il rispetto per il pianeta e per le persone diventi la norma e non l'eccezione, dove rinunciamo al superfluo per abbracciare ciò che è davvero essenziale e sostenibile.
Le alternative ecologiche e sostenibili durante tutte le fasi di lavorazione dei prodotti, la preferenza per aziende certificate e locali, e un maggiore impegno da parte degli escursionisti sono elementi fondamentali per contribuire alla lotta contro l'inquinamento da microplastiche.
La sostenibilità comincia dal modo in cui il bene finale viene prodotto, lavorato e smaltito.
Cosa possiamo fare:
- educare e sensibilizzare. Condividere la consapevolezza sull’inquinamento da microplastiche, facendo conoscere il problema e incoraggiando scelte più responsabili.
- fare pressione con le proprie recensioni e commenti sulle aziende produttrici di abbigliamento e attrezzatura da trekking affinché sostituiscano le materie plastiche con materie realmente sostenibili.
Alcuni spunti per approfondire la tematica delle microplastiche:
- Oliver Franklin-Wallis “Una sporca verità”, 2024, Mondadori, Milano (titolo originale “Wasteland”, 2023, Hachette Book Group, New York NY)
- Will McCallum “Vivere senza plastica”, 2019, HarperCollins Italia, Milano (titolo originale “How to give up plastic”, 2018 Penguin Books, London UK)
- S. Angioni, S. Bertacchi, R. Rollini “Quello che sai sulla plastica è sbagliato”, 2023, Gribaudo - IF – Idee editoriali Feltrinelli, Milano
- Silvio Greco “La plastica nel piatto”, 2020, Giunti Editore, Firenze
- www.abitipuliti.org